2007 | XVIII Rassegna e VIII Premio Orsi

Premessa

Se volessimo cercare nel panorama degli eventi culturali, l’esempio di una manifestazione capace di catalizzare l’attenzione dei maggiori studiosi e appassionati di archeologia, la Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico si aggiudicherebbe sicuramente un posto in prima fila.
I motivi di un successo che dura da 18 anni sono molteplici e vanno dall’alto livello qualitativo dei filmati in cartellone che si presentano come spaccati di storia, di ricerca ma anche testimonianze delle radici culturali dei popoli, alla possibilità di stringere forti relazioni culturali coi paesi partecipanti, agli attesi incontri con protagonisti della scena internazionale: archeologi, registi e studiosi provenienti da tutto il mondo.
Vi è nell’archeologia uno sforzo alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio culturale che non è solo ricerca delle radici della propria storia ma è vivere il passato per comprendere meglio il presente.
Nel programma di quest’anno molto si potrà apprendere delle Americhe e delle Civiltà che si sono alternate sui territori dell’antico Iran. E vi è nel binomio tra America e Iran un contributo alla reciproca conoscenza che si può tradurre nello sforzo di comprensione tra due paesi attualmente molto distanti.
La Rassegna del Cinema Archeologico tuffa il suo essere nelle radici umanistiche della città di Rovereto. La storia della nostra comunità, la sua identità culturale, i grandi testimoni del passato quali Paolo Orsi e Federico Halbherr, il valore di un’istituzione di prestigio qual è il Museo Civico, hanno fatto di Rovereto la sede perfetta per la Rassegna. E la Rassegna ha ricambiato proiettando l’immagine della città sulla vetrina internazionale.

Guglielmo Valduga
Sindaco della città di Rovereto


In Italia, l’archeologia dell’America precolombiana è forse la meno conosciuta tra le tante archeologie delle diverse regioni del mondo. Questa diffusa ignoranza, dovuta certamente al ritardo con cui la ricerca italiana si è rivolta al mondo americano, contrasta in modo molto evidente con l’estrema curiosità che il grande pubblico mostra verso il passato dei popoli indigeni americani. Questa situazione, a dire il vero un po’ paradossale, ha fatto sì che la divulgazione dei temi di archeologia americana sia stata spesso “terra di conquista” per comunicatori televisivi di infimo livello culturale, pronti a far appello a presunti “misteri” o “enigmi” la cui trattazione sfocia sovente nel campo dell’esoterico e del paranormale.
In tale quadro, la produzione e la divulgazione di documentari di archeologia americana che riescano a coniugare il rigore scientifico con l’uso di linguaggi accessibili ad un pubblico ampio è quindi non solo auspicabile ma urgente e necessaria. Tali prodotti sono certamente una delle armi migliori per contrastare quella che, ben lungi dall’essere solo “spazzatura mediatica”, si configura come l’ennesimo episodio dell’infinita conquista dell’America.

Davide Domenici
Direttore Progetto Archeologico Rio La Venta nel Chiapas (Messico)


Paese di grandi tradizioni culturali, ricchissimo di testimonianze archeologiche che illuminano i tanti momenti di splendore del suo illustre passato, da sempre ponte tra il bacino del Mediterraneo e le regioni più remote dell’Asia centrale e meridionale, costantemente legato all’Occidente da vincoli profondi, l’Iran vive oggi in una sorta di isolamento che lo allontana tra l’altro dai flussi del turismo mondiale, ma che non gli impedisce la condivisione piena di quelle grandi tematiche che anche in Occidente animano il dibattito sui beni culturali.
Fiero del suo grande patrimonio, l’Iran appare a chi riesca a superare le barriere di un ingiustificato pregiudizio come un paese che dedica importanti risorse alla conoscenza ed alla conservazione delle splendide testimonianze della sua tradizione.
La scelta della Rassegna di Rovereto di dedicare anche all’Iran l’edizione del 2007 costituisce pertanto una coraggiosa decisione di grande attualità, che mostra la forza della cultura nel superamento di barriere politiche e ideologiche e nell’avvicinamento delle genti mediante la conoscenza. Per molti, la visione dei documentari rappresenterà una vera “scoperta”, non soltanto dell’austero fascino e della magia che pervadono gli innumerevoli luoghi storici di questo grande paese, ma anche dell’amorevole cura e della continuità che oggi in Iran lega passato e presente.

Pierfrancesco Callieri
Direttore Missione di scavo dell’Università di Bologna in Iran
 
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