La Teoria delle Segnature
#apertipercultura | La studio della botanica nel passato, tra filosofia e misticismo
I primi studi sulle piante spontanee in Trentino risalgono al XVI secolo e si associano all’attività di religiosi, speziali e medici. Mossi dal desiderio di reperire piante medicinali descritte nell’antichità classica, esplorano il territorio iniziando a documentare la flora spontanea. Sappiamo infatti che piante, erbe ed essenze sono da sempre state utilizzate dagli uomini per curare malattie, molto prima dell’avvento della medicina moderna e della farmacologia.
In quell’epoca la scienza si intrecciava fortemente con la filosofia ed il misticismo ed era in voga la cosiddetta Teoria delle segnature, dal trattato De Signatura Rerum (1622) del filosofo e mistico tedesco Jacob Böhme. Secondo questa antica credenza, diffusa nel XVI secolo dal medico e alchimista svizzero Paracelso, è possibile determinare le proprietà medicinali e terapeutiche delle piante basandosi sul loro aspetto esteriore.
L’interpretazione di tale simbolismo permise così l'associazione di determinate piante, fiori e frutti con gli organi del corpo umano che necessitavano di cura. Per fare un esempio, l’equiseto con la forma che ricorda una coda di cavallo venne considerato utile per i capelli ma anche per le ossa, in quanto il suo fusto è simile a una colonna vertebrale. Oltre alla segnatura della forma, c'era anche quella del colore: piante con fiori gialli, come il tarassaco, servivano a curare l'ittero ed erano pertanto utilizzate per i disturbi del fegato; piante con parti rosse erano usate invece per le malattie del sangue e del cuore.
Con la nascita della scienza farmacologica e la sintesi dei farmaci, la Teoria delle Segnature cadde in disuso per la medicina ufficiale, restando appannaggio della fitoterapia e delle altre discipline naturali. Tuttavia possiamo comunque riscontrare il suo passaggio nella storia della medicina, perché ancora oggi molti nomi delle piante ci ricordano proprio quelle somiglianze.
Ad esempio, Hepatica nobilis deve il suo nome al termine greco "epàtico" che significa pertinente al fegato: nella forma delle foglie e nel colore della loro pagina inferiore gli antichi studiosi riconobbero il fegato umano e di conseguenza le proprietà curative della pianta legate alla funzione epatica.