Donna selvatica, incisione del XVI secolo

Tra draghi e salvani, con le guane e il Beatrik

  • Fiabe e leggende trentine nell’intervista a Riccardo Decarli, tra i relatori delle conferenze di “Cavo, cavi, cave… caves” a Cles.

Si è conclusa con una conferenza dedicata alle favole e alle leggende trentine ambientate in grotte ​e miniere la terza sessione del progetto “Cavo, cavi, cave… caves”: iniziativa itinerante, trasversale e multidisciplinare, nata dalla collaborazione tra la Fondazione Museo Civico di Rovereto e la SAT, che tra aprile e maggio si è fermata a Cles. Abbiamo incontrato Riccardo Decarli, autore e speleologo, bibliotecario della Biblioteca di Montagna della Sat, per farci raccontare quali sono le storie e i personaggi più celebri della nostra tradizione.


Una premessa necessaria, che costituisce anche il fondamento della nostra iniziativa: le grotte non sono soltanto luogo per l’esplorazione e per l’attività sportiva da una parte, o oggetto d’indagine scientifica e naturalistica dall’altra. Hanno anche una speciale valenza sul fronte culturale: nella storia del pensiero, nell’immaginario colto e popolare, sono presenze ricorrenti che hanno assunto caratteristiche diverse a secondo dal tempo, del luogo, delle teorie prevalenti.
 

In occasione della conferenza di Cles, ha introdotto il racconto con un riferimento alle origini.

Ho fatto cenno in primo luogo alle pitture rupestri tanto diffuse tra Francia e Spagna, perché è in quel contesto che si immagina siano nate le prime leggende legate alla grotta: il fatto che in prossimità delle pitture vi sia anche un’ottima acustica ha suggerito che le scene propiziatorie venissero tracciate al suono di flauti e percussioni, in momenti e atmosfere di grande intensità. Andando all’antica Grecia, ho spiegato come le grotte fossero inoltre la dimora di esseri mitologici come le ninfe e Pan: è il caso, ad esempio, dell’Antro Coricio descritto da Pausania alle falde del Parnaso. Con il cristianesimo, alle grotte viene attribuita un’accezione negativa. Sono il regno delle tenebre che si contrappone alla luce divina, sono il luogo in cui alberga il malefico e il mostruoso: Satana, i demoni, i draghi. Che assumono, non a caso, i caratteri iconografici dei pipistrelli: le ali, il colore, i tratti aspri.


I fenomeni naturali originano e corroborano la convinzione che i draghi esistano per davvero.

Esattamente: le esalazioni che escono, in inverno, dalle bocche di antri e caverne, dovute alla differenza di temperatura tra interno e esterno, diventano, nella credenza, il soffio velenoso del drago che le abita. Ugualmente, la scoperta di specie animali dalle caratteristiche a dir poco particolari scatena l’immaginario: è il caso di Janez Vajkard Freiherr von Valvasor, scienziato e scrittore sloveno, ricercatore e membro della Royal Society di Londra, che racconterà di avere visto un drago nel corso di un’esplorazione nelle grotte di Postumia. Non mentiva, ma la creatura che lo aveva impressionato era in realtà un Proteus anguinus, un anfibio endemico delle acque sotterranee. Tornando al nostro Trentino, fra le leggende che hanno per protagonista un drago feroce la più antica è forse quella del basilisco di Mezzocorona. Il luogo non è casuale, perché nella rocca che accoglie il Castello di San Gottardo, impresse nella roccia, si trovano delle impronte di dinosauro. Qui si racconta che avesse trovato domicilio un drago vorace: lo uccise con coraggio un certo conte Firmian, che rimase tuttavia egli stesso assassinato dal veleno del mostro.


La lista degli esseri fantastici che popolano le grotte di fiabe e leggende – in Trentino, in Italia, in Europa – è lunga e variopinta. Lei parla anche del Salvano.


Si tratta di un archetipo diffuso in tutto il mondo, fatta eccezione per l’Oceania. Il Salvano, o uomo selvatico, o ancora “yeti”, o “bigfoot”, è una creatura benevola che costituisce in qualche modo l’anello di congiunzione tra la civiltà e la natura. È un tipo solitario, poco curato, con i capelli lunghi e armato di clava, che abita le grotte dove pure ricovera gli armenti. In alcune tradizioni insegna agli uomini il segreto per fare il formaggio, in altre è il dispensatore delle tecniche minerarie. In tutte, il copione è però lo stesso: l’umanità, ingrata, lo sbeffeggia e lo maltratta, e lui si ribella. Anche in Trentino, diversi toponimi ne recuperano la radice.
 

Ogni tanto, il Salvano si innamora…

La compagna del Salvano è la “vivana”, o “aguana”, o ancora “guana”, “dubiana”… Sono donne che rifiutano la religione, e per questo vivono ai margini della civiltà. Anch’esse custodiscono dei segreti: quello per pulire i panni, quello per purificare i minerali dai prodotti di scarto, affinché possano essere commercializzati. Le vivane cattive si chiamano “bregostane”: sono, queste ultime, creature selvagge e predatrici, e si nutrono di fanciuilli e fanciulle. C’è solo un modo per difendersi da loro: usare cani feroci. La leggenda più spaventosa di questo capitolo ha per protagonista il Beatrik, fra i personaggi mitologici che inscenano l’epopea della caccia selvaggia e che ritroviamo anche in una storia ambientata al Bus de la Bastia: accompagnato nottetempo da un’orda di cani diabolici, il Beatrik cavalca nei boschi cacciando dubiane e streghe. Rischia grosso – racconta la leggenda - chi si imbatta nella sua caccia selvaggia.


Parlando invece di cavità artificiali: i protagonisti indiscussi della vita di miniera, nell’immaginario popolare, sono infine i nani.


Giunti anche in Trentino da Sassonia, Baviera e Boemia, i minatori erano una comunità a sé stante. Avevano una lingua e una legislazione propria, oltre che fattezze particolari: erano molto piccoli di statura, per potersi introdurre nei filoni e cavare i metalli. Anch’essi, nella trasposizione fiabesca, subivano le angherie degli uomini, dai quali venivano spesso gabbati. Ricorrono anche nei racconti tradizionali della nostra provincia, in particolare nelle zone del Fersina e del Calisio.


La conferenza di Decarli è solo uno degli appuntamenti che hanno animato Cles per tutta la durata della terza sessione del progetto.
L’iniziativa “Cavo, cavi, cave… caves” è stato promosso per divulgare la conoscenza di grotte, ripari, cavità, crateri dal punto di vista naturalistico, storico-archeologico, artistico. Attraverso una serie di conferenze, incontri didattici, visite sul territorio, seguendo una mostra itinerante e con l'aiuto delle nuove tecnologie, si percorrono vari punti di osservazione, dal macroscopico al microscopico, dall'artificiale al naturale, dal sotterraneo all'extraterrestre, per far luce su un mondo nascosto e affascinante.
Conclusa la tappa nonesa, si apre ora la sessione delle Giudicarie Esteriori.

Fondazione MCR

Divulgazione scientifica, multimedialità e nuove tecnologie si intrecciano nelle attività quotidiane della Fondazione Museo Civico di Rovereto. La ricerca e la formazione, attraverso i laboratori rivolti alle scuole, rappresentano da sempre la priorità di uno dei musei scientifici più antichi d'Italia.

Newsletter

Iscriviti per ricevere la newsletter informativa sulle attività della Fondazione MCR