Il potere della selezione: in natura ma anche sul web

Il potere della selezione: in natura ma anche sul web

Gionata Stancher, responsabile della Sezione Zoologia della Fondazione Museo Civico di Rovereto, anticipa i temi del prossimo Darwin Day

È il tema della domesticazione uno degli assi portanti dell’edizione 2018 del Darwin Day, che la Fondazione Museo Civico e il CIMeC dell'Università di Trento propongono anche quest'anno a Rovereto in concomitanza con l’anniversario della nascita del padre della teoria dell’evoluzione. “L'enigma della domesticazione” è infatti il titolo della prima delle conferenze in programma, mercoledì 14 febbraio alle 18.00 presso la Sala Convegni F. Zeni della Fondazione Museo Civico di Rovereto. Ne discuteranno in quell’occasione Giorgio Vallortigara, neuroscienziato, e Roberta Pelachin, autrice del libro “Tre fiabe sulla scienza”. Perché – si chiederanno - alcune specie rimangono solo docili e non addomesticate? E ancora, cosa cambia nel corpo e nel cervello delle specie domestiche? Gionata Stancher è responsabile della Sezione Zoologia della Fondazione Museo Civico di Rovereto. A lui abbiamo chiesto di anticipare brevemente quanto verrà illustrato.

Come avviene per i caratteri fisici, possono essere selezionati anche i caratteri comportamentali. Ma alcune specie sono più facili da addomesticare di altre: al termine di uno stesso intervallo di tempo, una specie potrebbe diventare domestica e un’altra invece potrebbe non esserlo affatto. Un esempio di selezione orientata alla domesticazione ha riguardato, in passato, la volpe siberiana, allevata in Russia per la sua pelliccia. Per ottenere animali più mansueti, si tentò di favorire l’accoppiamento degli esemplari più docili. Il processo di selezione ebbe successo, poiché le cucciolate nate dopo un certo numero di generazioni avevano effettivamente questo carattere comportamentale: era stato creato un ceppo di volpi mansuete. La cosa interessante è che negli esemplari nati al termine del processo di selezione si erano verificati anche particolari cambiamenti fisici non voluti: le orecchie erano piegate, il manto non era più uniforme, ma chiazzato. Risultò evidente che certi caratteri morfologici sono correlati ai caratteri comportamentali.

Un po’ quello che si pensa possa essere accaduto per il cane.

Con la differenza che, almeno in prima battuta, si pensa sia stato il lupo ad autoselezionarsi. E’ possibile che alcuni esemplari, meno aggressivi e meno timorosi dell’uomo, abbiano dato in qualche modo origine a un processo di autodomesticazione perché avevano trovato vantaggio nell’avvicinarsi agli accampamenti di cacciatori e raccoglitori. I quali, a loro volta, si accorsero che il lupo poteva essere loro utile e divennero attori della selezione. Anche nel caso del cane, è possibile che insieme alle mutazioni del comportamento fecero la loro comparsa caratteri morfologici evidenti quale sottoprodotto della selezione sul comportamento.

Al tema della domesticazione si ispirano anche le attività organizzate nel pomeriggio di domenica 18 febbraio nell’ambito dell’appuntamento “Noi e la natura: alla scoperta di questo speciale rapporto”.

I laboratori e le attività organizzate per le famiglie presso la Fondazione nel pomeriggio di domenica affrontano il tema della domesticazione a 360°. E siccome Charles Darwin era un eclettico, non parleremo soltanto di specie animali, ma anche di specie vegetali: insomma, cercheremo di capire, insieme a bambini e ragazzi, in che modo l’uomo abbia modificato anche le piante per renderle più adatte al suo utilizzo. La domesticazione delle piante selvatiche commestibili è stata sperimentata migliaia di anni prima di Cristo ed è all’origine della storia dell’agricoltura: il processo di selezione e incrocio che ha portato alle moderne coltivazioni ha permesso all’uomo di ottenere prodotti profondamente diversi dai loro “antenati”. Alcune specie che non erano commestibili lo sono diventate, altre sono nettamente migliorate come sapore e qualità.

L’appuntamento centrale è ospitato presso il Bar Circolo Paganini, venerdì 16 febbraio alle 18.00. Si intitola “Balle e bolle del web” e propone un breve viaggio tra le bufale scientifiche d'attualità e sui meccanismi della loro diffusione online.

In passato, l’ignoranza era dovuta al fatto che una parte della popolazione non aveva accesso alle informazioni. Oggi, chiunque può accedere a un’infinità di contenuti, ma non sempre è in grado di selezionare le fonti, di distinguere una fonte attendibile da una fonte che non lo è. Chi, come noi, si occupa di divulgare la scienza ha due obiettivi: trasferire informazioni corrette ma anche mettere a disposizione strumenti che consentano alle persone di accedervi autonomamente. Per questo abbiamo invitato Gianluca Dotti, giornalista scientifico freelance e collaboratore di Wired, che spiegherà al pubblico di quell’appuntamento come riconoscere a colpo d’occhio le bufale scientifiche.

Un consiglio per difendersi dalle fake news.

Come per il cibo, anche per le news un strumento utile è la tracciabilità: un sito attendibile dovrebbe riportare  i riferimenti dai quali ha tratto le notizie. In questo modo, ripercorrendo all’indietro la catena di riferimenti, dovrebbe essere virtualmente possibile arrivare alla fonte, che dovrebbe essere chiara e non nascosta. Questo è tanto più vero quando si tratta di notizie scientifiche: ogni notizia scientifica per essere tale deve avere una pubblicazione scientifica alla base, in genere in inglese, sulla quale sono riportate le metodologie utilizzate e le conclusioni dello studio. Queste pubblicazioni scientifiche vengono passate al vaglio della comunità scientifica prima della loro pubblicazione, quindi difficilmente contengono grossi errori o frodi. Un sito divulgativo attendibile dovrebbe sempre riportare questi riferimenti, cosicché chiunque possa  andare agevolmente a verificare la correttezza di quanto riportato sul sito stesso. Se un sito non ci da gli strumenti per verificare la tracciabilità delle informazioni in esso contenute, probabilmente non è molto attendibile. 

 
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