Art. Ott - fig.1

Salvia divinorum Epling et Jativa

  • di Jonathan Ott

Pubblicato originalmente su Eleusis, n. 4, pp. 31-39, 1996

DESCRIZIONE ORIGINALE: Bot.Mus.Leafl.Harv.Univ., 1962, 20(3): 75-6.
Emendamento: Emboden, Narcotic Plants (2 edizione riveduta e allargata), 1979: 93-4. Emendamento: Reisfield, SIDA Contributions to Botany, 1993, 15(3): 349-366.

FAMIGLIA: Labiatae.

NOMI VERNACOLARI: Mazateco: Ska Pastora, Ska María Pastora; Náhuatl: pipiltzintzintli; spagnolo: Hojas de la Pastora, Hojas de María Pastora, La Hembra; inglese: Leaves of the Shepherdess, Leaves of Mary Shepherdess, Sage of the Seers, Diviners' Sage.

DISTRIBUZIONE: Endemica della regione Mazateca della Sierra Madre Orientale dello stato messicano di Oaxaca.

ECOLOGIA: Su suolo fertile, in forre di fiumi e torrenti, presso le foreste pluviali primarie e secondarie o foreste tropicali sempreverdi, fra 300 e 1800 m di altitudine; fiorisce sporadicamente da settembre a maggio.

DESCRIZIONE BOTANICA: Erba perenne, alta 0.5-1.5 m, con fusti fioriferi raggiungenti i 2 (3) m. Fusto cavo, a sezione quadrangolare, con angoli portanti ali scabre, versi, translucide e più o meno increspate. Foglie opposte, da ellittiche a ovate, con apice da acuminato a caudato, attenuate alla base, lunghe 10-25 (-30) cm e larghe 5-10 cm, glabre sulla pagina inferiore, ghinadoloso-punteggiate sull'inferiore, da seghettate a crenato-seghettate al margine. Infiorescenze in racemi semplici ed eretti, lunghi 30-40 cm, con internodi di 2-4 cm e rachide da irsuta a glabra; infiorescenze parziali con 3-6 (-12) fiori. Brattee fiorali sessili, concave, arrotondate alla base e acuminato-caudate all'apice, lunghe 1-2 (-3) cm, larghe 0.6-1 cm, lungamente persistenti, per lo più violette. Peduncoli irsuti, sottili, diritti, violetti, lunghi 4-9 mm. Calice con lobi subeguali, lungo 10-12 mm, da glabro a ghiandoloso-pubescente, violetto; labbro superiore lungo 1.5 mm, con tre nervature evidenti. Corolla lunga 28-32 mm, sigmoide (più o meno incurvata a S), bianca o tinta di blu a maturità, glabra all'interno, all'esterno densamente villosa per peli multicellulati, translucidi, lunghi 0.5-2 mm; tubo della corolla lungo 19-22 mm, alto 2 mm e largo 1.5 mm al restringimento in prossimità della fauce; labbro superiore lungo 8-9 (-10) mm; l'inferiore concavo, lungo 5 mm e largo 7 quando appiattito, con lobo mediano smarginato. Stami glabri, bianchi, leggermente arcuati, lunghi 15-16 mm; filamenti lunghi 10-11 mm, interi; antere lunghe 2 mm; polline bianco. Stilo lungo 27-32 mm, villoso sotto lo stimma, bianco. Speroni ginobasali lunghi 3 mm, larghi 1.2 mm, bianchi, glabri. Nucule lunghe 1.8-2 mm, larghe 1 (1.2) mm a maturità, bruno scuro, mai osservate su esemplari selvatici (dall'emendamento di Reisfield 1993).

OSSERVAZIONI BOTANICHE: Il nome scientifico del genere deriva dal termine salvus = "sicuro"; il nome specifico divinorum, che significa "del veggente", si riferisce al curioso utilizzo che viene fatto della pianta dagli Indiani Mazatechi, cioè come inebriante o enteogeno sciamanico nella divinazione, specialmente delle cause delle malattie (Epling & Játiva-M. 1962; Wasson 1962). Sfortunatamente, la descrizione del tipo originale (raccolto da A. Hofmann e R.G. Wasson l'8 settembre 1962 a San José Tenango, Oaxaca, Messico; Herb. Univ. Cal. Los Angeles; duplicato in Econ. Herb. Oakes Ames) era errata per quanto riguarda il colore della corolla ("cyanearum" o blu-cianeo), che fu emendato come "bianco puro" da Emboden in un libro popolare (Emboden 1979), e in seguito più estesamente da Reisfield, che descrisse in dettaglio le parti riproduttive, incluse le nucule, notando che "le labbra della corolla si tingevano di blu con l'età" (Reisfield 1993). Questa precisazione riferentesi al colore della corolla fu sfortunatamente presentata solo dopo la pubblicazione di tre diversi disegni colorati della pianta, mostranti erroneamente corolle colore ciano-blu. Il primo era di Frances Runyan, proposto come Tavola 50 nella prima edizione di Narcotic Plants di Emboden (1972) (nella seconda edizione Emboden emendò la descrizione e sostituì il disegno errato con una fotografia a colori in primo piano dei fiori, decisamente bianchi, pubblicata come Tavola 40) (Emboden 1979). Furono anche date alle stampe due tavole a colori disegnate dall'artista dell'Harvard Botanical Museum Elmer W. Smith, dipingenti i fiori colore ciano-blu. La prima era presente in Hallucinogenic Plants del 976 di Richard Evans Schultes e riportava il particolare di un fiore totalmente blu (Schultes 1976); l'errore fu ripreso anche nelle edizioni tradotte in francese (Schultes 1978) e (pirata) in spagnolo (Schultes 1982). Infine, nel poster del 1980 Plant Hallucinogens, l'illustrazione No. 23 dipingeva similmente S. divinorum con corolla colore blu (Schultes & Smith 1980). Sorprendentemente, per una simile rara pianta, sono state pubblicate due ulteriori disegni a colori, dipingenti correttamente i fiori bianchi: da F. Lucerne Coray a p. 55 del libro Plants of the Gods di Schultes e Hofmann (1979) e da D.D. Dowden nel Herbal Bounty di S. Foster (Foster 1984)! Accanto a questa pletora di disegni a colori di un'oscura pianta, sono state pubblicate anche due diverse illustrazioni botaniche, da John Stanwell-Fletcher (Schultes 1967; Stafford 1977) e Irene Brady (Mayer 1977; Schultes 1972; Schultes & Hofmann 1973), oltre a numerose fotografie in bianco e nero della pianta (Diaz 1975; Valdés et al. 1983, 1987a; Wasson 1963, 1966), uno schizzo (Heffern 1974) e la sopracitata fotografia a colori.

DATI AGRONOMICI: Esiste una controversia agronomica inerente lo statu di S. divinorum. La specie tipo era una cultivar e lo scopritore botanico della pianta affermò che "sembra essere un cultigeno", notando: "Cercavamo S. divinorum, incrociando la Sierra Mazateca a cavallo nei mesi di settembre e ottobre del 1q962, ma non la incontrammo nemmeno una volta. Gli Indiani avevano scelto lontani burroni per la sua coltivazione … non sappiamo se si presenta allo stato selvatico (ad eccezione per le piante che sono state abbandonate o sono sfuggite alla coltivazione)" (Wasson 1962). Valdés, che ha fatto dello studio etnografico e fitochimico di questa pianta la sua tesi di dottorato, ha messo in dubbio ciò, affermando che il suo informatore Don Alejandro "indicava che la pianta cresce selvatica nelle zone montuose quasi inaccessibili della Sierra Mazateca", ammettendo, tuttavia, che tutte le piante che egli vide erano "in apparenza originalmente state piantate dall'uomo" (Valdés 1994). Valdés mancò di citare lo studio completo botanico e orticulturale della pianta di Riesfield, il quale aveva concluso che la pianta era una cultivar: "E' suggeribile l'ibridismo, sebbene non sia stata riconosciuta l'intermediazione fra due specie conosciute" (Reisfield 1993). Epling e Játiva-M. (1962) notarono per contro un'affinità con la Salvia cyanea Lamb. ex Benth. Nonostante Valdés fosse stato in grado di ottenere 4 semi da 14 fiori sottoposti a impollinazione incrociata (28%), questi furono uccisi dal sovrariscaldamento in una serra, prima che potesse essere valutata la loro vitalità (Valdés et al. 1987a). Valdés notò anche che D.J. Siebert aveva ottenuto semi vitali da piante coltivate alle Hawaii (Valdés 1994), ma le giovani piante erano molto deboli e di dubbia vitalità in condizioni selvatiche (Siebert 1993-94). Reisfield verificò che più del 50% dei grani di polline esaminati di S. divinorum non erano vitali. Egli ottenne solo 11 nucule da 108 auto-impollinazioni, ciascuna con una resa potenziale di 4 frutti, ottenendo quindi un rapporto di successo di 11/432 (2.5%), mentre in 190 impollinazioni incrociate si svilupparono solo 24 frutti (24/760 o 3%). Egli riportò che "in nessun modo fu osservato un pronubo visitare i fiori", neppure di notte, nonostante i semi maturi così ottenuti avessero prodotto qualche "vigorosa plantula che si sviluppò in piante indistinguibili … dai loro genitori". Nella sua descrizione della pianta, Reisfi8eld notò il suo costume di "strisciare lungo i pendii rocciosi percorsi da corsi d'acqua, a volte in acqua corrente, radicante copiosamente all'altezza dei nodi" (Reisfield 1993).

COLTIVAZIONE: La propagazione è vegetativa, e la pianta richiede suolo ricco e molto umido, tollerante il sole se l'umidità è elevata. La coltivazione è possibile alle latitudini più settentrionali come, per esempio, nel caso del lavoro di Valdés nel Michigan, trapiantando dai giardini esterni delle serre durante l'inverno, con una temperatura minima mantenuta a 10 °C (Valdés et al. 1987a). Questa pianta è largamente coltivata dai "basement shamans" ("sciamani di cantina") del Nord America ed è reperibile commercialmente negli Stati Uniti a partire dai primi anni '80 (Foster 1984), benché sia stata disponibile nei circuiti non commerciali nella precedente decade (Grubber 1973; Superweed 1972). Il cosiddetto "clone di Wasson" (dalla collezione tipo di Hofmann e Wasson del 1962) è il più comunemente venduto, insieme ad almeno un cosiddetto "clone gustoso", che è molto meno amaro del clone tipo e che fu raccolto da Blosser nel Llano de Arnica, Oaxaca (Blosser 1991-93; Ott 1995b).

DATI ETNOBOTANICI: S. divinorum è utilizzata come inebriante sciamanico dagli Indiani Mazatechi dello stato messicano di Oaxaca; nella letteratura etnografica questo impiego fu descritto per la prima volta nel 1939 da J.B. Johnson, che notò l'uso della Hierba María nella "stregoneria" mazateca, parallelamente all'uso dei funghi e dei semi di morning glory per scopi divinatori (Johnson 1939). Successivamente descritta come Yerba de María da Roberto J. Weitlaner (1952), fu tuttavia il grande pioniere negli studi sciamanici R. Gordon Wasson a raccogliere per primo materiale identificabile di questa nuova specie, ed egli fu anche il primo straniero a sperimentare i suoi poteri visionari, a Ayahutls, Oaxaca, il 12 luglio 1961. Wasson descrisse l'abituale ingestione di coppie di foglie, note come Ska Patora o La Hembra, mediante masticazione e deglutizione, e la preparazione di una pozione visionaria come infusione/sopsensione acquosa delle foglie e successiva spremitura manuale, a differenza di ciò che Weitlaner descrisse come "sfregamento" delle foglie in acqua (Wasson 1962; Weitlaner 1952). Wasson fotografò anche l'uso di un metate per spremere e mettere in infusione le foglie (Hofmann 1990; Wasson 1963m 1966), dando come dose la quantità di 6-68 foglie, mentre Weitlaner aveva riportato la quantità di 50-100. Ott propose una rassegna sulla farmacologia delle foglie, analizzando le dosi descritte in una dozzina di fonti variante da un minimo di 6 sino a un massimo di 240 foglie (Ott 1995b). Basandosi sul lavoro etnografico pionieristico di Wasson, il gruppo di J.L. Díaz e L.J. Valdés ha condotto gli studi etnobotanici più dettagliati su questa pianta (Díaz 1975, 1977, 1979; Valdés 1983; Valdés et al. 1983, 1987a). Sebbene l'uso sciamanico di S. divinorum sia stato osservato esternamente alla regione della Sierra Mazateca, Wasson propose che la pianta rappresentava un misterioso enteogeno mexica o azteco, noto in lingua náhuatl come pipiltzintzintli, "il più nobile piccolo principe" (Wasson 1963). Emboden suggerì in seguito che un disegno della pianta è riportato sul vestito di una divinità presente nel Codice maya di Dresda (Emboden 1983). Sebbene Valdés, seguendo Aguirre Beltrán e Díaz, affermò che S. divinorum non poteva essere stato il pipiltzintzintli (Aguirre Beltrán 1963; Díaz 1979; Valdés et al. 1987a), i candidati alternativi proposti non sono credibili - il primo, Cannabis sativa L. fu introdotta in Messico in seguito alla Conquista (Schultes e Hofmann 1980), mentre il secondo, ololiuhqui (semi di coaxihuitl o Turbina corymbosa [L.] Raf.) fu identificato da una fonte primaria di informazione sul pipiltzintzintli, Friar Agustín de Vetancurt, nel suo Teatro Mexicano del 1698, come una pianta che era a volte mescolata con il pipiltzintzintli (Vetancurt 1698).

La mia recente rassegna concludeva che S. divinorum "rimane la nostra migliore congettura per l'identificazione del perduto enteogeno azteco" (Ott 1995b). Ho anche riferito del metodo mazateco piuttosto grezzo e dimostrabilmente inefficace di preparare l'enteogeno e della mancanza di un vero nome indigeno mazateco (notando la sua associazione con la pecora, un'introduzione post-conquista nella Sierra Mazateca) come evidenza della sua introduzione storica presso i Mazatechi, un fatto che indirettamente avalla la sua identità con il pipiltzintzintli, in quanto altri indiani mesoamericani erano i più probabili responsabili della sua introduzione (Ott 1995b). Tuttavia, sino a che la pianta non sarà ritrovata altrove o in reali condizioni selvatiche, o fino a che gli ipotetici parenti di questo presunto ibrido non saranno identificati, essa rimarrà un enigma etnobotanico. Wasson notò che S. divinorum era considerata la hembra, "la femmina", in una famiglia che includeva el macho, "il maschio", Coleus pumila Blanco e el nene o el ahijado "il bimbo" o "il figlioccio", Coleus blumei Benth. - poiché queste ultime sono entrambe specie asiatiche introdotte in Mesoamerica dopo la Conquista, questo dato rafforza l'ipotesi di uno stato non nativo di S. divinorum nella Sierra Mazateca (Wasson 1963).

DATI BIOCHIMICI: Parimenti a numerosi altri membri del genere, S. divinorum contiene composti terpenoidi insoliti. In seguito al ritrovamento di salviarina e splendidina, nuovi diterpeni trans-clerodani nella specie brasiliana Salvia splendens Sellow ex. Roem. Et Schult. (Savona et al. 1978, 1979), il gruppo messicano di Alfredo Ortega, senza l'impiego di saggi biologici, isolò un nuovo diterpene trans-clerodano da S. divinorum, denominato salvinorina e ne determinò la struttura per mezzo di cristallografia a raggi X (Ortega et al. 1982). Due anni più tardi, il gruppo americano di Valdés, usando immoralmente come saggio biologico una modifica del "campo aperto di Hall" nel topo, isolò il medesimo composto, come principio visionario delle foglie di S. divinorum, insieme al suo derivato descetilato inattivo e nominò questi composti divinorina A e divinorina B (Valdés et al. 1984). Nuovamente, la loro struttura fu chiarita mediante cristallografia a raggi X, confermando la struttura stabilita dal gruppo di Ortega, e in una nota aggiuntiva al loro articolo del 1984, il gruppo di Valdés riconobbe la priorità, notando che i nomi corretti per questi composti erano salvinorina A e salvinorina B.

Valdés riportò in seguito l'isolamento da S. divinorum del repellente per formiche loliolide, già presente in Lolium perenne L., le cui proprietà farmacologiche sull'uomo restano ignote (Valdés 1986). Infine, la steriochimica assoluta delle salvinorine A e B è stata determinata dai collaboratori di Valdés (Koreeda et al. 1990). A differenza della nota salvia da cucina, Salvia officinalis L., di cui alcuni ceppi contenogno il terpenoide volatile tujone (Tucker et al. 1980), la distillazione a vapore delle foglie fresche di S. divinorum non ha mostrato la presenza di tujone in questa pianta (Ott 1993). La natura volatile di questo composto, famoso agente psicoattivo di Artemisia absinthium L. e dei liquori di assenzio, rende la salvia da cucina potenzialmente psicoattiva per semplice odorazione dell'erba fresca (Duke 1987).

USI NELLA MEDICINA POPOLARE: Accanto al suo utilizzo principale nella divinazione sciamanica dei Mazatechi del Messico, gli infusi di S. divinorum sono anche applicati topicamente dagli stessi Mazatechi. Weitlaner (1952) descrisse il bagno del paziente nella medesima infusione di foglie precedentemente ingerita, e il gruppo di Valdés ha riportato il collocamento del residuo dell'estratto di foglie sulla testa del paziente come cataplasma (Valdés et al. 1983). Il gruppo di Valdés ha anche documentato l'uso curativo di un infuso di 4-5 paia di foglie fresche o secche per curare o regolare problemi digestivi quali la diarrea, come uno stimolante o tonico della vecchiaia, contro il mal di testa e i reumatismi e per curare una malattia magica chiamata panzón de barrego [sic], "grossa pancia d'agnello" (Valdés et al. 1983). Significativo, Friar de Vetancurt aveva riportato che le foglie del pipiltzintzintli erano impiegate sia nella preparazione della pozione divinatoria che in applicazione topica come poltiglia, un dato fortemente a favore dell'identificazione del pipiltzintzintli con S. divinorum (Vetancurt 1698).

DATI FARMACOLOGICI SULL'UOMO: Nei saggi del "campo aperto di Hall" modificato, la salvinorina A e le frazioni attive dell'estratto di S. divinorum mostravano effetti sedativi nel topo e provocavano effetti simili a quelli della mescalina, del secobarbital, di un estratto etereo di Cannabis sativa L. e di un altro terpene originario delle Labiatae, l'ipotensivo colforsin o forskolin (Valdés et al. 1984, 1987b). Valdés notò più tardi che ulteriori saggi stabilivano che secobarbital, colforsin e l'estratto di Cannabis sedavano il topo, mentre mescalina e salvinorina A "interrompevano (diminuivano) l'attività animale senza … sedazione vera" (Valdés 1994). Oltre a coinvolgere un utilizzo immorale di inutili animali da laboratorio dove l'etica avrebbe piuttosto dovuto dettare autoesperimenti da parte del principale ricercatore, questi saggi biologici erano troppo aspecifici ed è inspiegabile come il gruppo di Valdés, malgrado saggi biologi psiconautici piuttosto estesi intrapresi con le foglie, non abbia fatto ricorso a prove psiconautiche nel lavoro fitochimico, senza condurre prove con la salvinorina A per verificare la sua psicoattività. La prova definitiva che la salvinorina A rappresenta il principio attivo enteogenico giunse solamente dopo un altro decennio, quando un gruppo di "sciamani underground" in California fu in grado di isolare un precipitato crudo arricchito di salvinorina A (che stabilii brevemente in seguito essere costituito di circa il 50% di salvinorina A), dimostrando mediante vaporizzazione e inalazione del composto ch'esso era effettivamente il principio visionario delle foglie di María Pastora, attivo alla quantità di 1 mg! Prove successive mostrarono che il livello soglia per l'attività del composto vaporizzato e inalato era di 200 mcg, rendendo questo di un ordine di grandezza più potente della psilocina, sino ad allora considerato l'enteogeno più potente (Fischer 1963). Dosaggi di 2.6 mg furono somministrati in tal modo, con esperienze bizzarre e travolgenti "uscite dal corpo" in dosi maggiori di 1 mg. Questi "sciamani underground" avevano già stabilito che l'intera foglia era molto più attiva mediante il "metodo della cicca", cioè masticandola e tenendola nella bocca come la foglia di coca, senza ingestione, piuttosto che masticandola e ingerendola come fanno i Mazatechi - 10 foglie masticate con il "metodo della cicca" erano distintamente attive in tutti i volontari, mentre la medesima quantità mescolata in acqua e ingerita era inattiva in tutti i soggetti (Siebert 1994). Giovani hippy di Città del Messico, di ritorno dai soggiorni del turismo fungino nella Sierra Mazateca con foglie secche di S. divinorum, furono visti fumare queste foglie come una specie di sostituto della marijuana e nel 1975 io stabilii che le foglie fumate erano attive (Díaz 1976; Ott 1993). Le foglie essiccate possono anche essere riumidificate e masticate con il "metodo della cicca" (Pendell 1995). Nonostante Siebert abbia verificato l'inattività della salvinorina A cristallina ingerita in capsule con dosi superiori ai 10 mg. E la debole attività di 2 mg di uno spray boccale costituito da una soluzione etanolica diluita di salvinorina A (Siebert 1994), ho verificato che l'applicazione sublinguale di salvinorina A in acetone e DMSO è potentemente attiva, con un livello soglia per gli effetti fisici di 100 mcg, psicoattività definita a 250-500 mcg e attività visionaria al di sopra di 1 mg (Ott 1995c). La mia rassegna su un paio di dozzine di rapporti di farmacologia umana di S. divinorum e di salvinorina A ha valutato il seguente ordine discendente di potenza per i differenti modi di ingestione:

salvinorina A sublinguale ³ salvinorina A vaporizzata ³ foglia masticata, "metodo della cicca" ³ foglia masticata ingerita ³ infusi di foglia

E' difficile collocare le foglie fumate in questo schema, in quanto per numerose persone (circa la metà, in un paio di test informali coinvolgenti una ventina di volontari per volta) esse sono inattive, e per alcuni suscita solamente un lieve effetto dopo numerose inalazioni, che successive fumate non aumentano. I dati farmacologici che ho posto in rassegna comportavano infusi acquosi di 6-160 foglie; dosi di 26 foglie masticate e ingerite; ingestione con il "metodo della cicca" di 6-26 foglie; fumate di 1-2 foglie; dosi di 200 mcg-2.6 mg di salvinorina A vaporizzate e inalate; e dosi di 100 mcg-1.0 mg di salvinorina A sublinguali (Ott 1995b).

Per via della sua chimica unica (essendo un composto non azotato, a differenza della grande massa di composti visionari noti, che sono alcaloidi), v'è da aspettarsi che la farmacologia della salvinorina A comporti una nuova neurochimica, forse anche l'interazione con un recettore cerebrale ancora sconosciuto. In effetti, la salvinorina A è stata saggiata su 42 noti bioricettori in una procedura denominata NovaScreen e non si è presentata alcuna inibizione competitiva significativa di composti di riferimento su alcun recettore. Furono provati 15 neurorecettori: adenosina, alfa 1 e 2, beta, dopamina 1 e 2, GABAa, GABAb, serotonina 1 e 2, muscarinico 3, NMDA, acido cainico, acido quisqualico e glicina; più MAOa e MAOb (Siebert 1994).

EFFETTI: Wasson paragonò l'effetto dell'infuso di foglie a quello dei funghi psilocibinici, notando che "era meno ampio e durava di meno .. non oltrepassava l'effetto iniziale dei funghi - colori danzanti in elaborati disegni a tre dimensioni" (Wasson 1962). Valdés enfatizzò la necessità del silenzio e dell'oscurità per la manifestazione piena degli effetti pieni e notò la "realtà" percepita di "allucinazioni" vivide e "sorprendenti" descritte come "alquanto complete, essendo visive, orali, aurali e tattili" (Valdés 1994). In seguito a inalazione di salvinorina A vaporizzata, Siebert affermò: "le persone riportano di avere visioni di gente, oggetti e luoghi. Con dosi superiori a 1 mg si presentano con frequenza esperienze di uscite dal corpo" (Siebert 1994). La maggior parte dei soggetti esposti ad elevate dosi del composto vaporizzato riportano immersione in dimensioni o geometrie bizzarre non-euclidee, spesso descritte come curve, tubolari o sferiche; non pochi trovano l'esperienza terrificante; molti notano che l'esperienza è unica, non paragonabile ad altri enteogeni. La durata degli effetti è in funzione del modo d'ingestione, con l'ingestione delle foglie o infusi di foglie producenti effetti che durano da una a numerose ore dopo un periodo di latenza di 15-45 minuti (Valdés et al. 1983). Il "metodo della cicca" produce effetti che iniziano nel giro di 10 minuti e durano 1-2 ore. Salvinorina A vaporizzata e inalata esercita un effetto nel giro di 10-15 secondi, salente rapidamente a un picco che dura solo circa 5-10 minuti, che quindi si affievolisce in 20-30 minuti (Siebert 1994). La salvinorina A in soluzione amministrata sublingualmente inizia ad essere percepita in circa 90 secondi, raggiunge un effetto massimo dopo 10-15 minuti e perdura 1-2 ore. Le foglie secche fumate esercitano un lieve effetto, che si percepisce dopo 5-6 inalazioni e perdura per 1-2 ore. Gli effetti sono in tutti i casi virtualmente identici (Ott 1995b).

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