Alla scoperta delle origini della chiesa di Sant'Andrea di Loppio
a cura di Barbara Maurina, Conservatrice per la Sezione Archeologia della Fondazione Museo Civico di Rovereto
Dopo la pubblicazione, nel 2016, per i tipi dell’Archaeopress Archeology di Oxford, di un primo volume dedicato ai risultati degli scavi archeologici condotti fra il 1998 e il 2017 dalla Sezione Archeologica della Fondazione Museo Civico di Rovereto sull’isola di S. Andrea nella Riserva Naturale Provinciale “Lago di Loppio”, a nord-est del Lago di Garda, le attività di ricerca museale si sono concentrate sulla preparazione del secondo e conclusivo volume dedicato a questa lunga e impegnativa ricerca, che ha visto negli anni la partecipazione di oltre un centinaio fra studenti, ricercatori e volontari provenienti non solo dal Trentino ma anche da aree extraprovinciali.
Il libro edito nel 2016 prendeva in considerazione le indagini che fra il 1998 e il 2014 avevano portato alla luce, lungo i margini dell’isola di S. Andrea, i resti di un insediamento fortificato di epoca tardoantica- altomedievale (castrum), datato fra la seconda metà del V e l’inizio VIII secolo d.C. Gli scavi, però, avevano contestualmente interessato anche i ruderi della chiesa romanica di S. Andrea situati sull’area sommitale del dosso; negli anni 2016 e 2017, inoltre, le ricerche erano proseguite anche all’area circostante l’edificio sacro, rivelando, a est di questo, la presenza di consistenti resti di un ulteriore fabbricato, verosimilmente risalente all’epoca basso medievale.
La chiesa di S. Andrea, fin dalle prime indagini archeologiche è apparsa cronologicamente posteriore rispetto al castrum, fatto che ne giustifica la trattazione in un libro a sé stante; tuttavia, i suoi muri risultano impostarsi su alcune labili evidenze riconducibili ad epoca anteriore, probabilmente connesse a un uso di tipo cimiteriale dell’area. Le strutture della chiesa vera e propria, sebbene contraddistinte da una fitta successione di interventi edilizi, si possono collocare cronologicamente tra il XII e il XVII secolo, epoca in cui dovette probabilmente avvenire l’abbandono dell’edificio sacro. Tale datazione di massima sembra collimare con le indicazioni fornite dalle fonti archivistiche, che attestano come l’edificio dovesse esistere già prima dell'anno 1178, mentre l'ultima notizia documentata riconduce al 1651.
Negli ultimi anni, grazie al paziente esame cronotipologico dei reperti raccolti nel corso dello scavo (frammenti di ceramica, vetro, pietra, metalli e terracotta, resti antropologici e faunistici), l’équipe di ricercatori coordinata da chi scrive, sta tentando, non senza difficoltà, di ricostruire la cronologia delle fasi che hanno connotato la vita di questo complesso edificio, nonostante i ruderi siano stati nel tempo ripetutamente spogliati e manomessi. Si tratta, in ultima analisi, di restituire alla comunità locale e al pubblico più vasto la storia di questo importante luogo sacro, che nel corso del tempo fu al centro di vertenze di tipo confinario e giurisdizionale e venne ad assumere una particolare rilevanza quale riferimento topografico e simbolico.
Anche l’edificio rettangolare in muratura messo in luce a est della chiesa non mancherà di riservare qualche sorpresa. I pochi reperti mobili datanti rinvenuti nel corso dello scavo suggeriscono una datazione compresa fra il XIV e il XVI secolo, dunque almeno in parte contemporanea alla chiesa. Tuttavia, il fabbricato è risultato impostarsi sugli scarsi resti di una costruzione precedente, demolita e rasata, la cui funzione, a giudicare dalla presenza di un focolare, potrebbe essere stata di carattere abitativo. La datazione di questo edificio più antico è verosimilmente riconducibile all’epoca tardoantica/altomedievale. Particolarmente interessante il rinvenimento, negli strati di distruzione di tale struttura, di un insieme di placchette rettangolari di ferro pertinenti a una corazza lamellare (lorica), un tipo di armatura flessibile in dotazione all’esercito bizantino e longobardo.
Si tratta di una scoperta importante, considerata la rarità di simili ritrovamenti, poiché l’uso di tali corazze era riservato all’aristocrazia e veniva tramandato di generazione in generazione. A seguito di un tempestivo intervento di restauro conservativo, effettuato dalla restauratrice Florence Caillaud, i reperti sono ora in corso di classificazione e studio; un attento esame e un paziente lavoro di archeologia sperimentale ci permetterà di capire le tecniche di fabbricazione e di proporre una ricostruzione di questo tipo di lorica, che certamente aggiungerà, insieme ai nuovi dati desumibili dalle ricerche più recenti, una significativa tessera al complesso mosaico che costituisce la storia dell’insediamento umano nel sito di Loppio.
Bibliografia recente
B. Maurina, Richerche archeologiche a Sant'Andrea di Loppio (Trento, Italia). Il castrum tardoantico-altomedievale, Archaeopress Archaeology, Oxford, 2016.
B. Maurina, Scavi archeologici sull'isola di S. Andrea a Loppio (TN). Relazione preliminare sulla campagna 2016, Annali del Museo Civico di Rovereto, 31 (2015), 2017, pp. 19-32.
B. Maurina, Loppio, isola di S. Andrea (TN). Relazione preliminare sulla campagna di scavo archeologico 2017, Annali del Museo Civico di Rovereto, 32 (2016), 2018, pp. 59-75.
Calomino, D., Maurina, B., Roman, Ostrogothic and Byzantine coins from the castrum of Loppio - S. Andrea (Trento-Italy), in G. Pardini (a cura di), Numismatica e Archeologia. Monete, stratigrafie e contesti. Dati a confronto. Workshop Internazionale di Numismatica, Roma 2018, pp. 169-178.