La sezione botanica del Museo Civico scopre due specie nuove per la scienza
Lo studio attento della Flora del Trentino da parte della sezione Botanica del Museo CIvico di Rovereto, con la recente pubblicazione del volume La Flora del Trentino, continua incessante e ha portato alla entusiasmante scoperta di due specie nuove per la scienza, il Rubus vallis-cembrae e l’Alchemilla gretae-gregorii pubblicate rispettivamente dalla rivista scientifica internazionale Willdenovia e sugli ultimi Annali del Museo Civico (fine giugno 2019).
Ciò dà la misura di quanto la flora del Trentino sia ancora sconosciuta per alcuni suoi dettagli, soprattutto nell'ambito delle cosiddette "specie critiche, e quanto meriti continui approfondimenti.
La prima delle due specie è il Rubus vallis-cembrae (rovo della Val di Cembra)
Si tratta della prima specie di rovo della sezione Micantes rinvenuto in Italia. E’ molto appariscente per i fiori piuttosto grandi e rosa carico, tanto che ricordano quelli del pesco e con more scure. Ha spine piuttosto deboli e rami pelosi. Compare di solito in popolazioni circoscritte al margine dei prati, nelle radure boschive, lungo le strade forestali, talora in massa su campi e prati abbandonati; prospera in quelle umide, lungo torrentelli, al margine di paludi o laghetti, in impluvi esposti a nord. Dal punto di vista conservazionistico non sembra ci siano fattori di minaccia; dove risulta invadente, viene tagliato come qualsiasi altro rovo, ma questo non sembra minacciare più di tanto la sua esistenza.
Lo studio dei rovi è in generale particolarmente complesso, anche per la presenza di numerosi ibridi, e per evitare di descrivere troppe specie convenzionalmente vengono riconosciute come specie vere e proprie solo quelle con caratteristiche ben definite che raggiungono un’areale di almeno 50 km quadrati.
Nell'Europa centro-settentrionale, dove i rovi sono più numerosi, lo studio a riguardo è molto progredito ed ha portato all'individuazione di numerose centinaia di specie mentre In Italia, dove i rovi sono meno studiati, sono invece note solo una trentina di specie.
Da anni il Museo Civico di Rovereto effettua raccolte di rovi nell'ambito dello studio del progetto che ha portato alla recente pubblicazione della Flora del Trentino. Esse sono state determinate per lo più da Einrich Weber (professore emerito presso l'Università di Vechta in Germania), il maggiore esperto di rovi in Europa. Solo però un paio di anni fa sono state fatte escursioni finalizzate allo studio dei soli rovi. Lo stimolo è derivato dalla partecipazione ad un'escursione in provincia di Bolzano e in Trentino nel luglio 2017 guidata dal Prof. Konrad Pagitz, dell'Università di Innsbruck. Nelle settimane successive, Filippo Prosser, conservatore per la botanica del Museo, ha effettuato numerose escursioni rendendosi conto che un rovo compariva con grande regolarità soprattutto in Val di Cembra, su porfido, attorno a 1000 m di quota. Risultava chiaro che ci si trovava di fronte ad una stirpe costante e ben caratterizzata, ancora sconosciuta, grazie a una collaborazione molto proficua con il Dr. Gergely Kiraly dell'Università di Sopron in Ungheria, che nel 2018 è venuto in Trentino per la conferma sul campo.
Questa specie era stata raccolta anche in precedenza alcune volte (con campioni conservati nell'erbario del Museo Civico di Rovereto), ma non ci si era resi conto della costanza dei caratteri. Alla fine del 2017 l'areale di questo rovo raggiungeva una ventina di chilometri, ancora troppo poco per poter descrivere una specie, ma proseguendo le ricognizioni verso sud Prosser ha documentato che la specie interessa la Val dei Mocheni fino alla pendice a monte di Pergine. Verso nord l'areale è stato seguito a nord della Val di Cembra in territorio bolzanino, ritrovando la specie in numerosi punti presso Aldino e quindi fino alle pendici sopra Laives. E' stato quindi accertato che questo rovo cresce anche in Val Rendena: il ritrovamento di ulteriori stazioni ha confermato che anche qui i caratteri sono costanti. A questo punto era stata superata abbondantemente la fatidica soglia dei 50 km e la specie poteva essere descritta. Il nome scelto richiama la Val di Cembra, al centro del piccolo areale e dove sono note numerose stazioni.
Il manoscritto è stato pubblicato dalla rivista scientifica di Berlino Willdenowia ed è consultabile liberamente a questo indirizzo:
La seconda specie nuova, sempre pubblicata da Filippo Prosser, è l’Alchemilla gretae-gregorii
Le alchemille prendono il nome da alchimìa, perchè nel medioevo si pensava che le gocce di rugiada che si trovano sulla sua superficie all'alba fossero un elemento indispensabile per trovare la pietra filosofale. Eppure le singole specie sono molto complesse da studiare perchè sono tutte estremamente simili tra loro, e non di rado si trovano tra loro mescolate. In Europa sono note circa 450 specie di alchemilla. In Italia ne sono note oltre 100 e in Trentino 47 (Flora del Trentino).
Per la difficoltà di riconoscimento, sono pochi i botanici che vi si dedicano. In Trentino, Francesco Festi se ne occupa da anni, con la supervisione di Sigurd Fröhner di Dresda, il massimo esperto in assoluto a livello europeo. Per raccogliere le immagini che servivano per documentare le specie già note nella “Flora del Trentino”, Filippo Prosser, con l’aiuto di Francesco Festi ha effettuato numerose escursioni che hanno permesso sia la revisione di alcuni campioni di erbario, sia la scoperta di esemplari interessanti, con caratteristiche differenti da quelle già descritte. L’attenzione degli esperti si è concentrata su un'alchemilla raccolta prima presso Folgaria e poi verso Passo Vezzena. Un'alchemilla grande, grigiastra, con peli del picciolo appressati, e con una combinazione di caratteri sconosciuta allo stesso Fröhner, quindi una specie del tutto nuova. Per cercare e studiare le alchemille serve tempo ed enorme pazienza, soprattutto da parte di eventuali compagni di escursione non specialisti. Occorre osservare e risolvere il garbuglio di alchemille sul campo, isolando le singole specie.Filippo Prosser ha voluto così sdebitarsi con i figli Greta e Gregorio, che lo hanno accompagnato pazientemente in una quantità di escursioni nei fine settimana, chiamando appunto la nuova specie Alchemilla gretae-gregori.
A. gretae-gregorii è esemplificativa delle ricchezze che possono nascondere le nostre praterie e che rischiamo di perdere ancor prima di conoscere. La nuova specie è legata a pascoli e prati, ambienti che nella percezione comune hanno ancora scarso valore, tanto che spesso vengono soggetti a trasformazioni di ogni genere, che comportano la distruzione più o meno completa della cotica preesistente, con tutto il patrimonio di biodiversità ad essa legato. Pensando agli interventi di bonifica dei pascoli, oppure all'abbandono e al conseguente rimboschimento, e al limitato areale noto di A. gretae-gregorii, viene da pensare a quanto la sua sorte sia appesa ad un filo. Forse, altre alchemille, meno fortunate, stanno scomparendo o sono scomparse prima di essere descritte, come accade a tanta biodiversità nella lontana Amazzonia.