Donne e ricerca scientifica, la necessità di colmare il divario di genere
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L'11 febbraio si celebra la Giornata Internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Questa giornata vuole far risaltare l'importante ruolo delle donne nella ricerca scientifica in tutto il mondo, il fondamentale apporto che il loro lavoro fornisce alle scienze e - come sottolinea Onu Italia - il loro cruciale impegno per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. La Giornata invita però a prestare attenzione anche al divario di genere che ancora oggi c'è nelle discipline scientifiche e al difficile (se non impossibile) accesso all'istruzione che ancora moltissime ragazze hanno nel mondo. Se si pensa che questo possa essere un tema poco attuale e ormai superato, o che possa riguardare soltanto i paesi meno sviluppati, ecco alcuni dati per inquadrare la situazione italiana.
Donne e STEM: dati poco incoraggianti sul fronte gender gap
Come è noto, le figure professionali con competenze STEM sono fondamenti nell'attuale sistema socio-economico, ma si rileva una preponderanza di uomini rispetto alle donne, un gender gap che possiamo meglio comprendere con i numeri elaborati dall'Osservatorio Talents Venture (progetto STEAMiamoci, Assolombarda) per il 2020 (dati relativi all'Anno Accademico 2018/2019). Dallo studio emerge che l'Italia si attesta al 18% di donne che scelgono percorsi di laurea STEM rispetto al totale delle donne iscritte all'Università e nei percorsi STEM solo il 37% sono donne rispetto al totale degli iscritti. Inoltre, mentre sono di più le donne che concludono il percorso di studi rispetto agli uomini (50% contro 48%) e lo fanno con voti finali in media più alti (107,3 contro 106,4), il gender gap ritorna a presentarsi nella carriera lavorativa, anche sotto forma di pay gap.
In Trentino il gender gap è stato fotografato da una ricerca condotta dal Centro Studi Interdisciplinari di Genere (CSG) dell'Università di Trento, con dati relativi al 2019, dove emerge in modo evidente il divario tra donne e uomini iscritti ai corsi di laurea dell'Università di Trento in discipline STEM. In particolare, nei corsi di laurea in Ingegneria Informatica e in Ingegneria Industriale le donne sono sotto il 15% degli iscritti, e nel corso di laurea in Fisica la percentuale di donne si ferma al 18.5%. Nel mondo del lavoro il divario continua: a Trento trovano occupazione il 92,5% degli uomini laureati e l'85% delle donne laureate, e hanno contratto a tempo indeterminato il 62,5% degli uomini e solo il 45,1% delle donne. L'aspetto più emblematico dello studio è il confronto delle carriere universitarie in materie STEM, dove il divario si evidenzia già nei dottorati di ricerca che vedono per il 68,4% uomini e per il 31,6% donne. Nei posti occupati nella ricerca poi la situazione per le donne peggiora, infatti gli uomini si attestano al 76,1% dei posti occupati mentre le donne al 23,9%. Infine il gender gap diventa estremo al vertice della carriera universitaria, quando lo studio confronta donne e uomini per i posti occupati come professore ordinario, solo il 10% sono donne contro il 90% di uomini.
In foto: Jocelyn Bell Burnell
L'impegno della Fondazione Museo Civico di Rovereto e il nuovo percorso di Astronomia al Planetario
Tutto questo rende necessarie azioni che aprano al dialogo su questa tematica e avvicinino le ragazze alla scienza, per colmare questa differenza e abbattere gli stereotipi. La Fondazione Museo Civico di Rovereto mette in atto pratiche che si inseriscono in questo quadro e intendono dare un contributo per aumentare la consapevolezza con una chiave di lettura che sia di stimolo e di ispirazione, non tanto focalizzando l'attenzione su cosa ancora manca, quanto mostrando cosa è esistito ed esiste quando le donne si applicano alle discipline STEM, per incoraggiare le giovani generazioni, i loro genitori e insegnanti a colmare questa disparità. Un esempio perfetto è quello che avverrà nel nuovo percorso di Astronomia dove verranno presentate sei figure notevoli di scienziate di epoche diverse che, con la loro storia e le loro scoperte, possano essere di ispirazione alle nuove generazioni e anche a quelle precedenti. Questo è quello che ci racconta la storia della professoressa Jocelyn Bell Burnell.
La storia di Jocelyn Bell Burnell
Susan Jocelyn Bell Burnell nasce a Belfast nel 1943, e nel 1969 ottiene il dottorato all'Università di Cambridge. Nella sua tesi progetta un radiotelescopio con il quale studiare i Quasar, ma nel corso del lavoro, mentre osserva lo Spazio individua un segnale pulsato. Inizialmente viene chiamato LGM-1, acronimo per Little Green Men cioè Piccoli Omini Verdi, perché il segnale viene scambiato per un messaggio di un'intelligenza extraterrestre. Jocelyn Bell ha in realtà scoperto le pulsar.
La scoperta di portata mondiale le viene però sottratta dal suo relatore, il professor Antony Hewish, che nel 1974 vince il Premio Nobel per la Fisica assieme a Martin Ryle proprio per questa scoperta. Jocelyn Bell è vittima del cosiddetto effetto Matilda, da Matilda Joslyn Gage, la prima attivista dei diritti delle donne a osservare il fenomeno, tipico in particolare dell'ambito scientifico, per il quale le scoperte delle scienziate vengono attribuite a scienziati uomini, non per la scarsa qualità scientifica, ma per mera discriminazione di genere. Con il passare degli anni, il torto viene in qualche modo riparato e la scoperta le viene nuovamente assegnata. Durante la carriera Jocelyn Bell ottiene numerose onorificenze e riconoscimenti.
In foto: la Nebulosa Granchio, esempio di nebulosa con una pulsar al centro
Storie come questa possono sensibilizzare al tema dell'importanza delle donne nella scienza e a quello delle pari opportunità e contribuiscono a creare maggior consapevolezza in ciascuno per realizzare un futuro dove le disuguaglianze, anche in questo ambito, siano sempre meno. Questo è in linea con i temi della giornata dell'11 febbraio, la Giornata Internazionale per le donne e le ragazze nella scienza.
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a cura di Martina De Maio, Area Astronomia Fondazione MCR