Ritrovamento archeologico: cosa fare?
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Quando ci si imbatte in un reperto archeologico, la legge italiana è molto chiara. Secondo il Codice dei Beni Culturali (art. 90), qualunque oggetto di interesse storico, artistico o archeologico ritrovato nel sottosuolo deve essere consegnato entro 24 ore agli enti preposti alla tutela del patrimonio culturale, alle autorità municipali o alle forze dell'ordine. Pertanto, non può essere conservato o venduto da chi lo scopre, ma deve essere immediatamente segnalato alle autorità competenti. Non attenersi a queste regole è un reato penale.
Se da un lato è comprensibile che non si possano vendere i manufatti rinvenuti, poiché ciò costituirebbe chiaramente un'attività illecita assimilabile alla ricettazione, ci si potrebbe chiedere perché non sia permesso conservare ciò che si è trovato, magari su uno scaffale della propria libreria. Sono molti, infatti, gli appassionati di storia per nulla interessati ai potenziali guadagni economici.
Figura 1: Punta di freccia in selce ritrovata sul Monte Stivo da Sergio Fiorito e consegnata alla Fondazione Museo Civico di Rovereto
A titolo di esempio proviamo a seguire la storia di una lucerna romana che viene rinvenuta casualmente durante una passeggiata in un bosco da un appassionato di storia.
Scenario A
Immaginiamo un fortunato escursionista, che chiameremo Mario, il quale, dopo aver trovato l'antico manufatto durante una passeggiata, torna a casa entusiasta e decide di esporlo in vetrina. Scopre così che il bosco vicino a casa sua era frequentato in epoca romana, anche se i libri di storia locale non ne parlano. Fiero della sua scoperta, la condivide con qualche amico, ma non annota nulla accanto all’oggetto, convinto che sia superfluo: lui sa perfettamente da dove proviene e quando lo ha trovato.
Passano gli anni, Mario invecchia e muore, lasciando in eredità ai figli molti oggetti. Alcuni di questi vengono messi in soffitta per fare spazio a un nuovo arredamento, e la lucerna finisce dimenticata in una scatola. Dopo qualche decennio, un nipote decide di vendere la casa e chiama una ditta di sgombero, che getta via la maggior parte degli oggetti. La lucerna scompare, persa per sempre.
Nella migliore delle ipotesi, se il nipote di Mario avesse consegnato il manufatto alle autorità competenti, esso sarebbe potuto entrare in una collezione archeologica, contribuendo alla ricerca e alla conservazione del patrimonio. Tuttavia, senza indicazioni precise sulla sua provenienza, il manufatto avrebbe perso gran parte del suo valore informativo, diventando poco più di un oggetto da collezione, simile a un cimelio senza contesto, come quelli venduti in un negozio di antiquariato.
Scenario B
La mattina successiva, Mario decide di consegnare la lucerna agli enti preposti, raccontando nei dettagli le circostanze del ritrovamento e fornendo le coordinate esatte del luogo. L'ente competente prende in carico il reperto, lo inventaria e lo colloca nei depositi, compilando una scheda completa con tutte le informazioni: nome del consegnatario, data e luogo di ritrovamento, descrizione del manufatto, e così via. Poco dopo, vista l'importanza della scoperta, vengono avviate ricerche di superficie nella zona segnalata, che portano alla scoperta di ulteriori reperti di epoca romana. Viene quindi organizzata una campagna di scavo che porta alla luce un'area sepolcrale con tombe ben conservate e ricchi corredi. Questa scoperta getta nuova luce sulla storia del territorio, consentendo l'allestimento di mostre e la pubblicazione di testi scientifici e divulgativi.
Questo è lo scenario ideale. Tuttavia, consideriamo ora un'ipotesi meno positiva: l'ente inventaria l'oggetto e lo colloca nei depositi, ma per ragioni diverse – come la mancanza di personale specializzato, di fondi o di tempo – la lucerna viene dimenticata per molti decenni. Passano 80 anni, e una laureanda, impegnata a scrivere una tesi sulle antichità locali, trova la scheda descrittiva del manufatto, con tutte le informazioni su data e luogo di rinvenimento. La tesi non viene pubblicata ma suscita l'interesse di un'archeologa. Specializzata nello studio delle necropoli romane sa bene che le lucerne si ritrovano integre soprattutto in contesti funerari. Le ricerche vengono riprese, e si giunge allo stesso scenario affascinante descritto in precedenza, ma con decenni di ritardo.
Le conclusioni sono quattro:
▪️ per l’archeologo non è importante l’oggetto in sé ma la storia che si può ricostruire attraverso lo studio del manufatto e del suo contesto di ritrovamento;
▪️ consegnare un reperto archeologico significa contribuire attivamente alla ricostruzione del nostro passato. Ciò che i nostri figli apprendono a scuola è in gran parte frutto del lavoro degli esperti che analizzano i reperti consegnati; gli oggetti trattenuti nelle case private potrebbero colmare importanti lacune storiche;
▪️ il fatto che un reperto non venga esposto non implica una mancanza di considerazione. I musei devono compiere delle scelte su cosa esporre, poiché non è possibile mostrare tutto il patrimonio di cui dispongono;
▪️ ciò che viene conservato nei depositi non è dimenticato né perduto ma costituisce una risorsa informativa essenziale per gli studi che verranno condotti dalle generazioni future.
Figura 2: Lama di pugnale in bronzo ritrovata da Francesco Lunardi nel comune di Nomi e consegnata alla Fondazione Museo Civico di Rovereto
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a cura di Maurizio Battisti, Sezione Archeologia Fondazione MCR
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