Pubblicato originalmente su Eleusis, n. 1, 1995, pp. 22-27.
La possibilità di una conoscenza tradizionale di funghi allucinogeni presso un'etnia della Costa d'Avorio sarebbe avallata dall'esperienza che il francese Yves Soubrillard avrebbe fatto "sul campo", nella brousse africana, e ch'egli ha descritto in un libro intitolato "Souleymane e le guérisseur ou le pouvoir des plantes"("Souleymane il guaritore o il potere delle piante") edito a Parigi nel 1992 e dal quale sono tratte le informazioni che qui porto all'attenzione.
Purtroppo, l'esperienza di Soubrillard è descritta in una maniera tale da imporre serie riserve all'accettazione dei dati riportati; dati che risulterebbero di estrema importanza per il campo di ricerca dell'etnomicologia, ma che dovranno attendere conferme e una migliore specificazione.
Basti osservare che e' possibile individuare l'area geografica degli eventi descritti solamente a lettura inoltrato del testo e che non appare chiara, alla lettura dell'intero libro, l'etnia di appartenenza di Souleymane, il rinomato guaritore che - stando al racconto - passò a Soubrillard, a suon di moneta, le informazioni su alcuni vegetali dalle proprietà medicinali "portentose" e che i guaritori tradizionali di quel territorio non avevano fino ad allora indicato ai "bianchi". Due interi capitoli del libro sono dedicati a un paio di funghi allucinogeni.
L'autore del libro, membro di diverse società scientifiche legate al Museo di Storia Naturale di Parigi, partecipò ai lavori del III Congresso dell'O.U.A. (Organisation de l'Unité Africaine) sulle piante medicinali e sulla farmacopea tradizionale, tenutosi ad Abidjan, nella Costa d'Avorio, in una data che non viene specificata nel testo. In quell'occasione, Soubrillard fece conoscenza di Souleymane, il quale era stato invitato al Congresso insieme ad altri noti guaritori africani. Di Souleymane viene detto solamente ch'egli parlava la lingua mao con la sua tribù e quella diola con gli altri africani; ciò che farebbe ipotizzare la sua appartenenza alla medesima etnia Mao.
Souleymane si accorda con Soubrillard per passargli alcune notizie "inedite" riguardo alcune piante medicinali africane, facendosele pagare diverse migliaia di franchi CFA ciascuna.
L'incontro e l'accordo con il guaritore appaiono sorprendentemente "facili", come nota lo stesso Soubrillard. Egli si recherà diverse volte presso il guaritore, in un luogo imprecisato della Costa d'Avorio, e questi gli rivelerà mano a mano diverse medicine vegetali ricavate da piante in buona parte dotate di effetti psicoattivi.
Uno di questi vegetali è il
tamu, il "fungo della conoscenza", che cresce in zone lagunari, in gruppi serrati, su dei rialzi di terra, e che Soubrillard identifica con una specie di
Conocybe (fam. Bolbitiaceae). Souleymane conduce l'autore nel luogo ove crescono questi funghi, ne raccoglie in sufficiente numero, ed entrambi fando quindi ritorno al villaggio (presumibilmente il villaggio natale di Souleymane). Poco prima di coricarsi, il guaritore offre a Soubrillard una forchettata di questi funghi cucinati (ma egli afferma che si possono consumare sia crudi che cotti) e poi - un fatto non comune nell'uso tradizionale di funghi allucinogeni - lo lascia solo. L'autore consuma la dose di funghi e in breve tempo si addormenta sul letto. Poco dopo, si risveglia in preda ad allucinazioni visive e acustiche e la sua esperienza potrebbe essere considerata come un
bad trip, a causa dell'instaurarsi di fobie e di timori per l'incontro/scontro con "il suo doppio", timori che - stando alle sue affermazioni - lo ossessionarono per oltre un anno e che gli lasciarono un profondo trauma: "Questo confronto con il mio doppio fu un confronto diretto con me stesso. Un giorno, esso sarà decisivo" (p. 47). Nonostante ciò, l'autore consuma una seconda volta il
tamu, nella medesima situazione, e l'esperienza appare più costruttiva. In un dialogo fra l'autore e il guaritore, questi ad un certo punto afferma: "Il
tamu è il fungo della conoscenza di se stesso e degli altri e in ciò risiede il suo favoloso potere" (p. 48).
Il secondo fungo che Souleymane mostra a Soubrillard, e per il quale non esisterebbe un nome tradizionale, è chiamato il "fungo dell'azione". Descrivendo il suo habitat, viene riportato che "preferisce i luoghi secchi, areati e la compagnia dei bambù. E' molto raro da noi e il periodo durante il quale si ha qualche possibilità di incontrarlo è estremamente corto. Saprofita, vive solo o in piccoli gruppi" (p. 51).
Soubrillard, osservando un campione mostratogli dal guaritore e notando che "era fosforescente, con delle tinte metalizzate violette, verdi e porpora mescolate", lo identifica con una specie di Stropharia. In realtà, o la descrizione del fungo è troppo concisa, non essendo specificate le parti del fungo a cui sono attribuite le differenti tinte, oppure l'identificazione con una strofaria appare un poco gratuita. Inoltre, trattandosi di una specie del genere Stropharia (di cui le specie allucinogene sono ora considerate delle Psilocybe) risulterebbe probabilmente psilocibinica, ma gli effetti riportati dall'autore differiscono alquanto da quelli delle esperienze psilocibiniche.
Il guaritore descrive l'esperienza con questo fungo come segue: "E' leggermente tossico (..) Esso dà l'Energia pura. Percepisci, come ti ho detto, una digestione un po' penosa, accompagnata da sensazioni di pesantezza, di fatica. Entri quindi in una fase di sonnolenza, poi di sonno. Al risveglio, tu sarai un altro essere, folgorante" (pp. 51-2).
Questa volta, Souleymane lascia nelle mani di Soubrillard un po' di funghi e gli lascia gestire completamente da solo le nuove esperienze, un fatto ancora più insolito nei passaggi di conoscenza tradizionali; è come se il guaritore si comportasse volutamente in maniera non tradizionale nel passaggio di queste particolari conoscenze al "bianco" e ricco Soubrillard. Una sera, questi assume una dose di quattro funghi crudi e due cotti. Souleymane lo aveva avvisato del fatto che i funghi crudi lo avrebbero probabilmente fatto vomitare, ma non di preoccuparsene eccessivamente. Un'ora dopo la loro consumazione, l'autore vomita copiosamente e poco dopo si addormenta: "Mi risvegliai, l'indemani mattina, in uno stato assolutamente stupefacente di freschezza fisica e mentale. Durante la settimana che seguì eseguii il lavoro di sei mesi. Tutti i blocchi mentali, tutti gli interrogativi sterili erano spariti. Ero un essere lucido, disponibile a ogni istante, intelligente, senza timore di alcuno e agente nella serenità" (pp. 53-4). L'effetto perdurò 15 giorni.
In una seconda esperienza solitaria con questo fungo, l'autore afferma di averne mangiati quattro campioni cotti, ricavandone un effetto affine a quello dell'esperienza precedente.
La descrizione di queste esperienze, così come il rapporto fra il guaritore e l'autore del libro, sono costellati di contraddizioni logiche e appaiono insoliti sotto diversi aspetti, a tal punto da far dubitare della veridicità di alcune parti del racconto.
Souleymane, contrattando volta per volta il costo in denaro, porta a conoscenza di Soubrillard altri vegetali dalle "portentose" proprietà magiche e medicinali, fra i quali il couananiniaté, rassomigliante a un Geaster (fungo dell'ordine dei Gastromycetales, a forma di stella) e utilizzato nel trattamento delle emorragie esterne e interne, una non meglio definita "Pianta per vedere di Notte", un arbusto chiamato yioua e le cui radici possiedono proprietà narcotiche, e una misteriosa "Pianta della Piccola Immortalità", di cui Souleymane ritiene di essere l'unico detentore della sua conoscenza.
Souleymane pone l'attenzione anche sulla pianta del cotone (Gossypium sp., fam. Malvaceae), in quanto "regolatore di primo ordine del sistema nervoso centrale (..) sarebbe una droga dolce ideale (..) Essa ti procura un'euforia pacifica, una ebbrezza calma e leggera" (pp. 36-7). Le radici sarebbero la parte della pianta ritenuta più attiva.
Ci si potrebbe meravigliare del fatto che un guaritore tradizionale africano parli con disinvoltura di "sistema nervoso centrale" e, se è per questo, nel vocabolario di Souleymane trovano spazio anche parole come "biotipo", "molecole", "effetti citologici", "microorganismi", ecc. Un'ulteriore conferma della stranezza degli eventi riferiti.
Riguardo il "fungo della conoscenza" della Costa d'Avorio, in uno dei dialoghi finali con l'autore del libro, Souleymane afferma che la conoscenza delle sue proprietà è una scoperta recente, mentre il "fungo dell'azione" è noto da lunga data. Sarebbe stato lo stesso padre di Souleymane a scoprire accidentalmente le proprietà del tamu, a seguito di un errore di raccolta di vegetali medicinali (p. 127).
Da queste affermazioni risalta la contraddizione più inaccettabile dell'intero racconto di Soubrillard: mentre la conoscenza del fungo dal nome apparentemente tradizionale tamu sarebbe una scoperta recente fatta dal padre di Souleymane, il "fungo dell'azione", noto da lunga data, sarebbe privo di nome tradizionale.
Tuttavia, è anche difficile pensare a una totale invenzione del racconto, sia per la credibilità reputabile a Souleymane, noto guaritore tradizionale, e a Soubrillard, rinomato studioso francese delle farmacopee tradizionali, sia per l'effettiva possibilità che nell'Africa saheliana e, più a sud, nell'Africa Nera, siano presenti culti ed usi tradizionali di funghi allucinogeni (allo stato attuale dei miei studi africani, mi meraviglierei piuttosto del contrario).
Ricordo l'ipotesi che vedrebbe il più antico culto di funghi allucinogeni sino ad oggi individuato, proprio in Africa, nel cuore del deserto del Sahara (Samorini, 1992); la funzione simbolica e, forse psicofarmacologica, svolta dal fungo duna nei riti dei Fang e di altre tribù del Gabon (Samorini, 1994); l'importante ruolo ricoperto dai funghi nella mitologia e nella vita quotidiana degli Yoruba della Nigeria (Oso, 1976) e che, se non appare in diretta associazione con la sfera culturale dei funghi allucinogeni, evidenzia comunque un elevato potenziale di "micofilia" di questa popolazione; le mushrooms Churches, attuali sette religiose sincretiche diffuse particolarmente nel sud della Nigeria, per le quali Bill Walters (1995) ha ipotizzato l'utilizzo, al loro interno, di funghi allucinogeni.
Interessanti, soprattutto dal punto di vista delle comparazioni etnografiche, le seguenti considerazioni del guaritore: "La forma più perfetta per i funghi è quella del "fungo a cupola", il cui cappello, in forma di perfetto ovoide, simboleggia la nascita e la corrispondenza con la volta celeste. Tutte le costruzioni "a cupola", in tutte le epoche, hanno sempre rappresentato le forme favorevoli, propizie, e le dimore elette della divinità. Così, naturalmente, in queste famiglie di funghi si incontrano la maggior parte di quelli che sono dotati di poteri. Lo straordinario tamu, fungo della conoscenza, è un fungo "a cupola", dimora, guardiano, depositario dei poteri divini" (p. 128).
L'associazione con la volta celeste ricorda un mito cosmogonico di un gruppo di Pigmei congolesi, riportato da W.F. Bonin nel 1979 e citato da Martin Haseneier (1992), nel quale il fungo alonkok ricopre un ruolo decisivo nella genesi cosmica: "La terra derivò da un fungo, "come da un uovo". Più esattamente, il fungo, pensato a forma di uovo, si divise nel mezzo; la parte superiore salì e divenne il cielo, quella inferiore la terra. Dalle due metà di Alonkok - così si chiama il fungo - vennero fuori tutte le cose visibili: le stelle, il sole, le montagne, i fiumi, le piante, gli animali e la Grande Madre, parimenti chiamata Alonkok. In un uovo separato si trovava il fulmine: fu così che la grande madre pervenne al fuoco" (p. 22).
Senza voler trasformare in un saggio di etnomicologia africana ciò che intende rimanere una presentazione dei curiosi dati offerti dal libro di Soubrillard, i dati etnomicologici che si vanno via via accumulando inducono a considerare sempre più probabile la presenza di culti tradizionali africani basati sull'utilizzo di funghi allucinogeni, così come, è molto probabile che, dietro all'esposizione (forse volutamente) confusa e contradditoria dell'esperienza raccontata da Soubrillard, vi sia qualche cosa di veritiero che meriterebbe un'indagine più seria e più competente.
Bibliografia
HASENEIER M., 1992, Der Kahlkopf und das Kollektive Unbewisste, Integration, 2/3:5-38.
OSO B.A., 1976, Mushrooms in Yoruba Mythology and Medicinal Practices, Econ.Bot., 30:367-371.
SAMORINI G., 1992, The oldest representations of hallucinogenic mushrooms in the world (Sahara desert, 9000-7000 B.P.), Integration, 2/3:69-78.
SAMORINI G., 1994, La religión Buiti y la planta psícoactiva Tabernanthe iboga, Africa Ecuatorial, in: J. Fericgla (Ed.), Plantas, Chamanismo y Estados de Consciencia, Barcelona, Los Libros de la Liebre de Marzo, pp. 175-195.
SOUBRILLARD I., 1992, Souleymane le guériseur ou le pouvoir des plantes, Paris, L'Harmattan.
WALTERS B., 1995, Halleluja. Praise the Mushrooms, Psyched. Ill., in pubbl.