Paolo Mantegazza (1831-1910), pioniere italiano degli studi sulle droghe
Pubblicato originalmente su Eleusis, n. 2, pp. 14-20, 1995
1855: Ernst von Bibra; 1860: Mordecai Cooke; 1924, Lewis Lewin. Queste alcune delle date e degli studiosi pionieri della moderna scienza multidisciplinare della psicoafrmacologia, o, con altre parole, dello studio delle droghe e dell'universale comportamento umano del "drogarsi".
Eppure, le origini della scienza occidentale della psicofarmacologia, che affondano nel XIX secolo, potrebbero essere almeno in parte ancora da chiarire, verificata la dimenticanza sino ad oggi mantenuta nei confronti dell'italiano Paolo Mantegazza; viene da domandarsi quanti altri pionieri di siffatta statura sono stati trascurati, per il solo motivo di aver parlato e scritto in lingue differenti da quelle degli attuali studiosi della storia della psicofarmacologia moderna.
La data del suo principale lavoro dedicato alle droghe, di ben 1200 p., Quadri della natura umana. Feste ed ebbrezze, stampato a Milano nel 1871, e la quantità e qualità dei suoi studi a riguardo, portano a considerare Mantegazza il pioniere italiano e uno dei pionieri europei della moderna psicofarmacologia.
Albert Hofmann, presa visione di alcuni capitoli dei Quadri, ha così commentato: "E' davvero strano che l'importantissimo lavoro di Paolo Mantegazza non abbia ricevuto la meritata attenzione nei libri inglesi e tedeschi sugli allucinogeni" (Hofmann 1995).
In questa sede intendo presentare in forma preliminare questo straordinario personaggio del secolo scorso e i suoi interessi e studi sui composti psicoattivi e sugli stati di coscienza da questi indotti.
Mantegazza è noto fra gli studiosi della cocaina. In tutti i testi che trattano la storia della cocaina egli è riconosciuto come l'autore dell'Ottocento che destò l'interesse occidentale nei confronti di questa droga, per via di un suo memorabile scritto, Sulle virtù igieniche e medicinali della coca e sugli alimenti nervosi in generale, del 1858, memoria che fu premiata e che fece molto scalpore sia in Italia che all'estero. Ma il suo nome è stato relegato quasi unicamente all'argomento della cocaina, mentre il suo interesse nei confronti delle droghe fu ben più vasto, mosso da motivazioni e da obbiettivi di più ampia portata.
Mantegazza si interessò a tutte le droghe e nel 1858 ne propose una classificazione di significativa importanza storica, in quanto precede di oltre 60 anni quella proposta da Lewis Lewin nel suo Phantastika del 1924.
Personaggio eccentrico e iperproduttivo, Mantegazza si interessò ai più disparati argomenti di diverse discipline scientifiche e scrisse un gran numero di libri e articoli inerenti l'antropologia fisica, l'etnologia, la medicina, l'igiene, la sessualità, ma anche le leggende dei fiori, la vecchiaia, "l'arte di essere felici" e le "glorie e gioie del lavoro". Fra gli studi fisiologici, ricordo i suoi testi Fisiologia del piacere (1877), Fisiologia del dolore (1880) e Le estasi umane (1887), capolavori delle allora nascenti scienze della neurofisiologia e della fisiologia degli stati "nervosi", cioè degli stati di coscienza ed estatici; scienze di cui Mantegazza svolse in Italia un ruolo pionieristico che resta ancora da rivalutare pienamente. Nella Fisiologia del piacere, come negli stessi Quadri, l'autore mostra una non comune esperienza degli stati d'animo e delle "ebbrezze" umane. Egli medesimo si dedicò sino a tarda età a un "sapiente ed abbondante" (parole di Mantegazza) consumo di droghe, in particolare la cocaina. Era favorevole alla sostituzione del tabacco con la coca, poiché riteneva quest'ultima un piacere più salubre: "Fatevi coquero; l'aria che voi rendete insalubre per voi, incomoda per gli altri, riprenderà tutta la sua purezza; e se voi scegliete la coca di buona qualità, voi vedrete che un pizzico di foglie masticate soavemente, vale bene qualche zigaro e vi riscalderà il cuore al di dentro e al di fuori" (rip. In Every Body 1876: 210).
Nonostante abbia personalmente constatato che il nome di Mantegazza è noto a tanti, gli studi biografici su questo autore appaiono tuttora scarsi. I pochi cenni biografici che sono qui in grado di presentare sono stati tratti da testi che si occupano della storia della cocaina (Worthon 1980; Arnao 1980; Malizia & Ponti 1992).
Paolo Mantegazza nacque a Monza nel 1831. Di professione medico igienista, resse per un certo periodo la cattedra di Patologia Generale all'Università di Pavia. In questa città egli fondò il primo laboratorio di Patologia Generale in Europa. Mantegazza si impegnò anche nell'attività politica: ricoperta la carica, dal 1865 al 1876, di Deputato al Parlamento dell'allora neonato Regno d'Italia, fu in seguito nominato senatore. Nel 1870 fondò a Firenze la prima cattedra di Antropologia e la sua influente carica di senatore lo facilitò nella creazione del Museo Antropologico-Etnografico di Firenze. Nel 1871, insieme a Felice Finzi fondò la rivista Archivio per l'Antropologia e l'Etnologia, rivista tuttora in corso.
Era anche un grande viaggiatore; è rimasto celebre il suo viaggio in Sud America. In Brasile, in Paraguay e in Uruguay egli è attualmente riconosciuto come un autore "classico". Le sue Cartas medicas sobre la America Meridional, del 1858, in cui sono riportati dati etnologici di prima mano, sono state ristampate a più riprese nell'America Latina. In Sud America egli fece conoscenza della coca e del guaranà. Non ci è dato conoscere quali altre piante o bevande psicoattive egli abbia avuto occasione di sperimentare nel corso dei suoi viaggi; certo è ch'egli aveva un carattere molto curioso e che le "ebbrezze" umane erano uno dei principali interessi della sua vita. E' probabile che una più attenta lettura della vasta letteratura lasciataci da questo autore, così come la visione delle centinaia di sue lettere, attualmente custodite presso l'Archivio Mantegazza di Firenze (cfr. Frati 1991), possano offrire un più completo quadro del rapporto che Mantegazza intrattenne con le diverse droghe che via via incontrò e così attentamente studiò.
Mantegazza era consapevole del lavoro pionieristico che stava svolgendo - "tutto questo un tempo non molto lontano sarà scienza grossa" (Quadri, I: 180) - e che l'importante storia del rapporto dell'uomo con le droghe era ancora da scrivere: "La storia degli alimenti nervosi studiata nei suoi molteplici rapporti di civiltà, di salute e di medicina è ancora un desiderio" (Q., I: 178). Egli intuì l'importanza e il ruolo fondamentale degli alimenti "nervosi" - come amava denominare le droghe psicoattive - per la vita umana. Era convinto che "l'uomo adulto nella pienezza di esercizio di tutte le funzioni nervose può usare di questi alimenti con prudente abbondanza" (Q., I: 175). Con la mentalità "ingenuamente" razzista tipica dell'uomo di scienza dell'Ottocento, aggiungeva anche che "l'uomo ne ha bisogno più della donna, perché il suo cervello e i suoi muscoli lavorano più attivi", e che "l'uomo incivilito ne abbisogna e ne gode più del selvaggio" (id.).
Mantegazza era convinto, non solo dell'innocuità di un "sapiente" utilizzo degli alimenti nervosi, ma anche della necessità di siffatto comportamento umano: "Il ventriloco (..) si ribella contro una dieta che li escluda affatto" (Q., I: 176); "Gli alimenti nervosi contribuiscono assai a rendere più lieta la vita. Sotto la loro azione si aumenta sempre la coscienza di esistere, si mitigano o si dimenticano i dolori morali e si ridesta un'allegria, che può arrivare al massimo grado di felicità" (Q., I. 177-8).
Dopo una brillante esposizione del concetto di "ebbrezza" - nella quale rientra l'idea che "si può essere ebbri di gioia, d'amore, d'ambizione: così abbiamo l'ebbrezza della gioventù, della gloria, e perfino del sentimento religioso. Ogni passione può avere un parossismo, che assomigli all'ebbrezza" (Q., I: 185) - Mantegazza tenta una classificazione dei tipi di "ebbrezze" e degli "alimenti nervosi". Egli distingue le ebbrezze soporifica, convulsiva e da movimento e riconosce la complessità delle variazioni qualitative e delle forme intermedie di questi stati: "I gradi dell'ebbrezza sono molti, e anche le sue forme più elementari della soporifica e della convulsiva si riuniscono l'uno nell'altro con tanti gradi intermedi che riesce difficile il determinare quali siano i caratteri essenziali di tutte le ebbrezze possibili. Tutti gli uomini e tutte le lingue vanno d'accordo però nell'attribuire all'ebbrezza il carattere di un esaltamento delle potenze affettive o intellettuali, che ci porta molto all'insù e molto all'infuori dello stato ordinario delle nostre sensazioni; e che quasi sempre è accompagnato da piacere, almeno nei suoi primi gradi" (Q., I: 184-59).
L'ebbrezza "da movimento" è quella indotta da particolari tecniche di danza e di frenesia muscolare ed è sorprendente come Mantegazza abbia a quei tempi saputo riconoscere e valorizzare questa tecnica di modificazione della coscienza, tornata oggi così prepotentemente alla ribalta: "Fra l'ebbrezza artificiale prodotta dall'introduzione nel sangue di alimenti nervosi, e quella spontanea sorta dalla vampa delle passioni, noi abbiamo un'ebbrezza muscolare, che sta fra l'una e l'altra e che quasi le riunisce per mezzo d'un addentellato naturalissimo, essendo essa dipendente dalla nostra volontà, perché prodotta da certo abuso dei muscoli volontari, e d'altra parte allontanandosi dalle ebbrezze d'ordine più elevato" (Q., I: 186).
Mantegazza definisce il suo Quadri come "un commento ad una pagina della storia naturale del piacere". Collocata al primo posto in una recente bibliografia cronologica italiana inerente i composti psicoattivi (Sissc 1994), la prima parte dell'opera tratta delle feste e delle forme collettive del divertimento umano. La seconda parte del primo volume e tutto il secondo volume sono dedicati ai diversi tipi di "alimenti nervosi". In quasi 900 pagine l'autore spazia dall'alcol e le bevande fermentate ai caffè, tè, mate, guaranà, dal tabacco all'oppio, all'haschisch, alla coca e al kava. Un capitolo è dedicato all'agarico moscato e all'hagahuasca (ayahuasca); sono pagine di significativa importanza storica. Per quanto riguarda l'ayahuasca, Mantegazza si basò essenzialmente sulla documentazione proposta da Villavicencio nel 1858 e identificò erroneamente la pianta da cui è ricavata la bevanda come una specie di Datura. A parte questa e altre inesattezze, dovute alla carente e confusa documentazione peculiare di quei tempi pioneristi, l'esposizione della storia di queste droghe è dotta e aggiornata. E' sufficiente osservare le bibliografie poste al termine di ogni capitolo - bibliografie che raccolgono lavori del 700 e dell'800 e che per questo risultano ora molto utili - per comprendere il livello di preparazione dell'autore nel trattare l'argomento.
Sia detto per inciso, è stata proprio l'osservazione della preziosa bibliografia posta al termine del capitolo dei Quadri dedicato alla Cannabis, che mi ha portato nei mesi passati a "riscoprire" le origini del rapporto dell'Italia moderna con questa pianta, origini squisitamente ottocentesche e milanesi e di cui Mantegazza era a conoscenza (e che sono descritte dettagliatamente nel mio libro L'erba di Carlo Erba).
Credo non vi sia migliore provvisoria conclusione di quella di presentare le parole conclusive dei medesimi Quadri, tutte proiettate verso un futuro a cui Mantegazza, in perenne stato di "ebbrezza da lungimiranza e da ottimismo", apparteneva: "Lo studio dei fenomeni umani, che ho impreso a trattare in questo libro, mi dice che l'uomo avrà sempre feste ed ebbrezze. La natura ancor poco esplorata e più di essa la chimica daranno ai nostri figliuoli mille nuovi alimenti nervosi che vellicheranno loro i nervi e il cervello nei modi i più svariati; e l'igiene li andrà piegando ai bisogni delle razze, delle età, delle costituzioni diverse. Il loro uso alterno e sapiente sarà una pagina delle più feconde dell'arte della vita, e la gioia sarà compagna della salute e della forza. Man mano che l'uomo di innalza e più esso getta via della zavorra del vizio e del pregiudizio, due fratelli quasi inseparabili; e mentre gli si allarga dinanzi agli occhi innamorati l'orizzonte della scienza, egli trova sempre gioie maggiori e più morali. L'ebbrezza, che non è vizio, che non è cinismo, che non è abitudine, è gioia che vivifica e dà nerbo alle molle della vita; e l'estetica degli alimenti nervosi andrà crescendo indefinita e instancabile, finché il nostro pianeta avrà pianta d'uomo che lo calpesti" (Quadri, II: 680).
Mantegazza fu deputato e senatore nelle liste del Partito Socialista.
Bibliografia
Arnao G., 1980, Cocaina, Feltrinelli, Milano.
Every Body, 1876, Sulla coca, Ann.Chim.Appl.Med., 62 (3°s.) :207-211.
Frati M.E., 1991, Le carte e la biblioteca di Paolo Mantegazza, Giunta Regionale Toscana, Firenze.
Hofmann A., 1995, Comm.pers. 14 marzo.
Malizia E. & H. Ponti, 1992, Coca e cocaina, Newton Compton, Roma.
Mantegazza P., 1853, Sull'America meridionale. Lettere mediche, G. Chiusi, Milano.
--, 1858, Sulle virtù igieniche e medicinali della coca e sugli alimenti nervosi in generale, Ann.Univ.Med., 167: 449-519.
--, 1859, Sull'introduzione in Europa della coca, nuovo alimento nervoso, Ann.Chim.Appl.Med., 29 (3°s.) :18-21.
--, 1859, Lettere mediche. Lettera Viii, sul mate, Gazz.Med. It.-Lomb., 4(4°s.) :85-92.
--, 1865, Del guaranà, nuovo alimento nervoso, Ann.Chim.Appl.Med., 40(3°s.) : 8-13.
--, 1871, Quadri della natura umana. Feste ed ebbrezze, 2 voll., Brigola, Milano.
--, 1877, Fisiologia del piacere, G. Bernanrdoni, Milano.
--, 1880, Fisiologia del dolore, Paggio, Firenze.
--, 1887, Le estasi umane, Mantegazza Ed., Milano.
--, 1890, Le leggende dei fiori, Dumolard, Milano.
Samorini G., 1995, L'erba di Carlo Erba. Per una storia della canapa indiana in Italia (1846-1948), Nautilus, Torino.
Sissc, 1994, Bibliografia italiana su allucinogeni e cannabis, Grafton, Bologna.
Worthon D.S., 1980, Coca e cocaina, Savelli, Roma.